Ogni tanto mi interrogo su come i popoli antichi trasmettono la tradizione.
E più che con le parole, penso che la tradizione si trasmette con la continuità
rappresentata dalla terra.
Io da 45 anni ho scelto di vivere della terra e sulla terra, quindi conosco
bene l’interesse delle multinazionali per soppiantare le tradizioni
agricole di una zona. Vogliono che ci siano solo le sementi distribuite da
loro, le piante preparate nei vivai controllati da loro.
Promettono produzione maggiorata, guadagni facili, basta mettersi in mano a
loro! Ma, se uno è attento vede che i terreni si impoveriscono, il suolo si
sfalda, la terra migliore scivola via, le piante devono nutrirsi solo della
chimica industriale.
E in Palestina?
L’esercito sionista è arrivato con le ruspe a distruggere la banca dei semi
a al-khalil, era il 31 di luglio di quest’anno e poi a novembre
un’incursione dei soldati distruggeva la centrale informatica a Ramallah,
quella che conservava le informazioni e tutti i dati.
Così, a parte uccidere la gente, uccidono la memoria della terra.
Conosco le cooperative di donne nella zona di Nablus. Con il lavoro della
terra cercano la continuità con le loro famiglie, un piccolo reddito che
dia loro autonomia, il coinvolgimento dei giovani perché si sentano
importanti.

Conosco gli agricoltori della zona di Burin, che hanno
realizzato una rete che garantisce la verdura ai negozi della zona, senza
che nessuno passi dai mercati generali; tra l’altro diventa difficile visti
i check Point a macchia di leopardo. Conosco le cooperative di Beit Ummar
che cercano di distribuire prodotti nella rete “fair trade”. Chissà perché
sono tutte zone in cui sono più frequenti gli assalti dei coloni. Quando i
palestinesi resistono ancorandosi alla terra, diventano un pericolo maggiore.
Beit Ummar é accerchiata dalle colonie, qualche anno fa ero lì spesso, per
provare con i palestinesi ad avvicinarsi alle recinzioni delle colonie e li
curare terreni con alberi da frutto. Qualche anno fa erano i colini a
chiudersi dentro i loro villaggi/gabbia.

Subito fuori i soldati ci spostavano più indietro, obbligando gli agricoltori a trascurare i loro
alberi. Dopo due anni avrebbero dichiarato che era un terreno incolto e se
ne sarebbero appropriati. I soldati picchiavano e arrestavano, anche io
sono stato arrestato in una di queste occasioni. Ora invece usano sistemi
più diretti per occupare terra: impiantano caravan con la scorta
dell’esercito e il governo dichiara che è terra israeliana. Terreno
agricolo di cui si appropriano per coltivarlo? No, sempre per costruire:
villaggi all’americana, palazzi, impianto di pinete. Tutto diverso da
quello che trovano, anche gli ulivi vanno tagliati o bruciati, ma per farlo
bisogna sradicare la gente, le loro tradizioni, la loro storia. Si
raccontano come semiti cacciati da lì, ma sono solo bianchi colonizzatori
occidentali, che non sono capaci di fare i conti con la realtà e come i
colonizzatori falliranno!