Global March to Gaza, avanti o indietro?

È passato quasi un anno e mezzo dall’avvio della causa per genocidio
intentata dal Sudafrica contro Netanyahu e Gallant. All’inizio pensavamo
che era la prima volta che Israele veniva messo sotto accusa, e che il
mondo sarebbe cambiato. Dopo un anno e mezzo, dopo altri 40 mila morti
ammazzati, dopo altri 10.000 bambini con arti amputati, dopo oltre 2
milioni di persone a rischio carestia, cosa è successo?
Quel vanaglorioso di Trump, l’uomo al di sopra di ogni legge, emette cause
contro i giudici della CPI.
Eppure…
Eppure nel mondo qualcosa cambia. Governi che erano solo filo israeliani
cominciano a dubitare, giornali guerrafondai esitano su cosa scrivere,
partiti guerrafondai scendono in piazza contro la mattanza.
Penso che hanno capito che la storia cambierà e che rischiano di restare
dalla parte del torto.


É qui che si inserisce il nostro tentativo: rompere l’assedio di Gaza dal
mare, dal cielo e da terra. Dal mare la freedom flotilla é stata fermata,
ma questo atto di pirateria internazionale (li hanno assaltati a oltre 100
miglia dalla costa) é stato mostrato in tutte le televisioni e ne hanno
scritto tutti i giornali.
Ora abbiamo in corso la marcia Sumud e la global March to Gaza. Migliaia di
persone che vogliamo raggiungere pacificamente il valico di Rafah. Da un
lato ci sono centinaia di bus e auto private in arrivo dalla Tunisia. Qui
ci sono i racconti più belli: la prima sera, al confine con la Libia i
ristoranti di un paese hanno offerto pasti gratis a chi viaggiava per
Rafah. Il giorno dopo i distributori in Libia hanno fatto il pieno gratis
ai mezzi dei viaggiatori. Le fazioni libiche, quelle che si combattono ogni
giorno, hanno fatto a gara a chi sosteneva di più la carovana con i propri
contributi.
Dall’altro lato ci sono gli arrivi all’aeroporto del Cairo.
Inizialmente hanno rimandato le doppie cittadinanze: franco algerini o
italopalestinesi.
Intanto il governo diceva che sosteneva la causa palestinese ma che
bisognava avere le carte in regola per andare a Rafah.
Poi Israele ha cominciato a fare pressione perché venissero bloccati tutti.
Ora è pieno di gente bloccati in aeroporto in attesa di rimpatrio o di
autorizzazione a uscire. E la colonna dalla Tunisia?
Altri siamo pronti a partire.
Domani vedremo che succederà.