Chiamata all’alba, Mohamed bussa alla nostra porta: le pecore sono da mia sorella, sull’altro lato della collina.
Infilarsi le scarpe e correre a vedere.
La novità è che ci sono due greggi, con due pastori/coloni, il solito è uscito dall’outpost di fronte a noi, l’altro, che non avevamo ancora visto, esce dall’outpost successivo, sempre continuando la strada di Avigail. Forse è uno degli outpost nuovi che vedevo da Sussya. Questo gregge ha un “pastore” fornito di asino ma soprattutto fornito di una faccia da galera. Infatti, sempre i nostri amici israeliani, ci hanno detto che la pastorizia è una pena alternativa nel caso di certe condanne. Io ero fermo ai bulli svogliati e inconcludenti.


Quindi abbiamo il ladro “manolesta”. Certo siamo lì a guardarci e a riprenderci a vicenda con i telefoni. A un certo punto il manolesta ha preso le misure e guardando dall’altra parte, allunga una mano velocissima e mi toglie il telefono dalle mani, se lo butta in tasca e scappano tutti e due.
Chiamiamo la polizia, un pò in inglese un pò in arabo, “perché vi hanno rubato il telefono?” Stavamo riprendendo, ma sono ladri. Siete Palestinesi, no stranieri, beh arrangiatevi. Poi arriva addirittura un messaggio dalla polizia con un form da compilare sulla valutazione del servizio!
Per fortuna i telefoni moderni sono sempre rintracciabili, attraverso computer collegato. E così, se il furto è avvenuto alle sei e venti, l’ultima traccia del telefono risale alle sei e quaranta, sono sempre ladri ma non hanno interesse ad andare a vendersi un telefono, su cui avranno provato, ma non riuscivano a mettere mano in fretta. Prima pensiamo che lo abbiano spento, ma anche quello è difficilissimo da fare, e il GPS lo troverebbe anche se spento. Insomma una refurtiva così rintracciabile è pericolosa, meglio distruggerla, tanto il loro obiettivo è solo dare fastidio. E ieri ci sono ben riusciti, per sicurezza sono stato tolto da tutte le chat, ho cambiato la password di Facebook. Ma il telefono non ricompare mai nella ricerca del GPS, quindi l’unica possibilità è che sia stato distrutto.
Anche Mohamed tutto il giorno ne parla con amici e parenti, gli mandiamo il video con la faccia del ladro, lo rimbalza in giro. Di pomeriggio vengono degli israeliani di uno strano gruppo caritatevole, dicono di chiamare l’ambasciata italiana, figurarsi cosa gliene frega, è meglio non dire che siamo qui!.
Di pomeriggio gli stessi coloni o altri, non siamo sicuri, assaltano poco più lontano, si e no un chilometro da qui, mandando pecore in terreni palestinesi e in oliveti. Lì cercano di fermarli e vengono picchiati un palestinese e un ragazzo ebreo americano che fa parte della squadra che lavora con noi. Anche qui chiamano la polizia, fanno vedere loro le prove con il video del pestaggio, “venite a fare una denuncia”, “non possiamo farla qui?” “no solo in caserma”. E poi come sempre lascerà il tempo che trova.
Bravi coloni, bella giornata produttiva, ma non basta.
Di notte, tra le tre e le quattro, c’è confusione, notizie contraddittorie, telefoni che suonano, trambusto. I coloni sono arrivati con cesoie e altri attrezzi, hanno tagliato reti di protezione, e hanno abbattuto due turbine, piccoli generatori eolici. Tutto sfasciato, i pali, le eliche e i generatori. Siamo vicini alla casa dove ero stato una sola volta, e dove ero ritornato con l’asino, e nella stessa zona dell’assalto pomeridiano. Anche qui chiamata della polizia, raccolta di informazioni, dovete venire in caserma per compilare la denuncia… che si perderà…




Beh, dopo tante attività pomeriggio e notte, questa mattina le pecore dei coloni usciranno tardi! Infatti noi siamo là prima delle pecore, ma queste arrivano poco dopo.
E oggi cosa possiamo combinare? Si chiedono i pastori/coloni?
I muretti! I nostri amici della casa di là hanno muretti fatti con sassi in equilibrio precario. La base dei muri è con pietroni, poi la misura delle pietre continua a calare, impostati come ai bambini piacerebbe saper fare. Prima gioca a togliere qualche sasso, poi si allontana con le pecore, le abbandona un momento (tanto se le pecore vanno a far danno da qualche parte è solo un bene per lui) torna di soppiatto protetto da una sporgenza del terreno, lo vediamo comparire un attimo, e giù una bella pedata che apre il muro per più di un metro. Dopo “manolesta” abbiamo “pieveloce”. Chiameranno la polizia? Forse, ma certo inutilmente. Intanto arriva uno dei loro strani fuoristrada, a vedere se è vero che ha rotto un bel pezzo di muro.


Approvato. “Stai in giro ancora mezzora, fai bere le pecore dal pozzo rubato e puoi andare a riposare”. Immaginiamo che questo è stato il dialogo.
Fai bere le pecore, ma solo i palestinesi hanno scavato i pozzi in cui far bere le proprie pecore. I coloni devono appropriarsene, ed è per questo che è difficile che per ora vadano ad avvelenare i pozzi. Sempre questa notte un pozzo che aveva il lucchetto è stato trovato aperto. Avvelenato? O preparato per usarlo più facilmente?
Anche le pecore che abbiamo seguito stamattina, hanno un pozzo sulla via di casa, ma è un pozzo di Mohamed, così vicino all’outpost che ha rinunciato a difenderlo…. Quindi, non me ne ero reso conto, l’outpost di fronte è tutto su terra di Mohamed, al quale tra l’altro hanno già demolito la casa una volta. La casa è stata ricostruita, e ad ogni buon conto stanno scavando una grande grotta.
Tra gli israeliani incontrati qui ieri, c’era una signora alla sua prima visita: “ma come fanno a vivere così?” “Come fanno ad avere ancora speranza?”