At-Twani

Uscire da al Khalil: troviamo tutte le strade bloccate, tranne una verso ovest, dove si ammassa un traffico impressionante, e i soldati che si divertono a fermare uno ogni tanto, solo per rendere la vita impossibile.
Finalmente, siamo quattro con un autista che lavora spesso per ISM, conveniente rispetto a prendere tre mezzi diversi e poi fare un pezzo a piedi, come avrei fatto io.
Riunione per ragguagli sul posto e le cose da fare, dovremmo distribuirci per presenza protettiva, nei villaggi o case isolate più a rischio.
Vita da pastori: ogni tanto frenetici, mungere, separare gli agnelli dalle pecore, far mangiare gli agnelli cresciuti, controllare le galline, sellare il magnifico asino bianco, finalmente si esce, lunga camminata prima di fermarsi.

Poi la calma, un masso, un ragazzo porta un thermos di caffè, il sole ci scalda, al contrario di ieri: il vento da ponente rinforzava, sembravamo infreddoliti ma tranquilli, poi il trambusto, compare sulla terra che dovremmo aiutare a difendere un colono con le sue pecore. Chiama la polizia, il colono si allontana di corsa, arriva anche l’esercito, chissà se almeno lo sgridano.È diventata un’abitudine, attraversano come se fosse tutto loro. Dove siamo, una casa un po’ staccata dal villaggio, troppo vicina a un Outpost, le sue pecore sono in un altro posto più sicuro. Qui ha una vacca, le galline, i conigli, le sue pecore al pascolo sono state attaccate più volte, prima di allontanarle.


Tante pecore, il sole picchia, le pecore dopo l’abbivirata non hanno voglia di mangiare, sembra che si spintonano alla ricerca di qualcosa. Eh si, non possono mettersi un cappello in testa, allora ogni pecora infila la testa in basso, all’ombra delle altre, dopo un po’ è un grande mucchio, solo il caprone se ne sta sempre in disparte, trova i suoi angolini con l’ombra di una roccia o di un arbusto.

Altro posto, altra riunione, altra notte. Cani che abbiano, vento che soffia, da qualche parte un gattino si lamenta. Pecore in uscita. Se ieri sembrava un pascolo scarso, oggi non c’è proprio niente. Qualche avanzo di erba secca, qualche cardo spinosissimo che ogni tanto viene toccato. Una macchina di coloni si ferma, chiaramente se usciamo dal limite imposto (fino a lì è tuo), chiamerebbero la polizia a cacciarci. E così il pastore è arrabbiato, le pecore sono arrabbiate, rientrano a pancia vuota, se provano a toccare un albero (ci sono due fichi) il pastore si arrabbia di più e arrivano sassate.
Nel solito Umm al Kheir, è un villaggio senza spazio attorno, man mano la colonia sta circondando completamente il villaggio, oggi prima sono arrivati i soliti coloni, poi polizia ed esercito. Questione di limiti, di terra in proprietà, di ordini militari. Tutto si accavalla così ai palestinesi è impossibile capire, la sola cosa chiara è il fermo o l’arresto.

Ricordo la prima volta che sono comparsi i coloni con le pecore, era il 2012. Sono fuori con Jamal e gli chiedo chi c’è con quel gregge così vicino all’insediamento. Quelli sono coloni, mi dice, devono avere comprato delle pecore e litigheranno sui pascoli.
Poi c’è la scoperta di due anni fa, quando dei ragazzi israeliani mi spiegavano come a scuola vengono avvicinati dei ragazzi svogliati, attaccabrighe, con studio improduttivo. Gli offrono soldi e carriera: comprare pecore, pascolarle con l’appoggio dell’esercito, vivere come i palestinesi, nelle tende, freddo d’inverno e caldo d’estate, licenza di sparare, e l’invito a nuocere il più possibile i villaggi.
E siamo a ora, qui nelle colline di Masafer Yatta ci sono dappertutto coloni/pastori, con piccoli greggi facili da gestire che scorazzano per le terre che a noi vengono vietate in quanto zone per esercitazioni militari.
Un’altra cosa: la proprietà. Ai pastori ora viene detto che possono pascolare sulla terra di proprietà, non fuori. Si è mai visto un pastore latifondista che rimane sempre in terra propria? Si sono mai viste pecore che girano in tondo pascolando sul nulla? Qui si, coloni/pastori possono andare dappertutto come latifondisti e pastori palestinesi girano in tondo, facciamo in quadrato, nei pezzi che gli hanno più o meno lasciato recintare.
Ora c’è la proprietà: il concetto di proprietà è completamente diverso tra i nativi e i colonizzatori. È sempre stato così, in America con i nativi, in Africa in Australia. Pensiamo al collettivismo e alla comunione con la natura di tutti i popoli indigeni. Dovunque c’è un concetto completamente diverso. Qui è lo stesso, i palestinesi hanno (se li hanno), dei documenti che risalgono all’impero Ottomano, e non corrispondono in niente ai concetti catastali occidentali. In più chi comanda adatta le leggi a proprio uso. E siamo qui, come ho visto io, la polizia interviene bonariamente ad allontanare i pastori/coloni che sconfinano, ma si sa che lo fanno apposta, non devono mica vivere delle loro quattro pecore, loro sono pagati dal governo!