Al Quds – Gerusalemme 19 – 04- 25

Fa già molto caldo. È festa quindi non c’è traffico. Il bus affittato dal gruppo è arrivato di corsa in centro, passo di fianco a Sheik Jerrah, l’albergo è qui vicino, così decido di andare a vedere: pare che venerdì di Pasqua, Pasqua cristiana che comincia, Pasqua ebraica che finisce, non c’è la solita manifestazione. Allora decido di andare a trovare Nabil El Kurd. Davanti a casa sua, per sfregio, gli israeliani continuano a buttare rifiuti. Lo trovo a casa tranquillo: siamo nel quartiere dove i Giordani hanno costruito case per i palestinesi profughi da Haifa, negli anni ’50. Nel 2009 un’agenzia immobiliare, come i “real estate” a cui pensa Trump per Gaza, ha affermato di avere aquisito l’area molto prima. Così sono cominciate le vessazioni e le prepotenze: Nabil aveva aggiunto due stanze alla casa, visto i figli che crescevano, la corte decide la confisca e l’assegnazione a coloni che ne sono proprietari “da sempre”. Una famiglia che va a trovare i parenti in Giordania al ritorno trova la casa occupata da coloni e non sono riuscit a ottenere nessuna sentenza che gliela restituisca. Ma oggi Nabil è contento, dopo che Ben Gvir aveva provato a ottenere il sequestro di tutta l’area, l’ultima sentenza decreta l’invalidità degli atti di proprietà presentati nel 2009. Anche se il loro appello alla corte era come una zebra a un tribunale di iene (dagli scritti di suo figlio Mohamed che finalmente mi mostra con approvazione). Così parliamo un po’ dei suoi figli, con un bicchiere di limonata. Intanto i coloni continuano ad ammassare rifiuti davanti a casa di Nabil.

Al quds, la città santa. Incontriamo folle di cristiani ortodossi che scendono dalla parte alta della città vecchia. Tutti con abiti tradizionali, con aggiunta di cappellino da turista, non credevo ce ne potessero essere così tanti, anche loro sono arrivati qui con bus organizzati.

Casino quando incontriamo il trattore della raccolta rifiuti, non so come fa a passare tra le bancarelle, eppure ci riesce, si sposta man mano caricando di tutto, poi va a scaricare e torna per un altro giro, un po’ di pulizia è garantita.

Il mio gruppo segue la via dolorosa, io passeggio intorno, chiacchiero con qualche bottegaio. Non ricordavo la bellezza di certi negozi, legno, cuoio, ricami, ceramica, oggetti di arte sacra. Come è pulita e ordinata la parte ebraica della città vecchia (dice la nostra guida). Bella forza, dico io, qui non viene nessuno a fargli danni. Penso invece a quanti incendi dolosi sono stati appiccati nel quartiere armeno, a quante incursioni violente di coloni hanno assaltato il quartiere arabo.
A un certo orario cominciano a entrare gli ebrei con i loro abiti tradizionali per la preghiera dello Shabbat, anche loro sono tantissimi, con le famiglie e i bambini e i vestiti e i cappelli delle occasioni.
Mi stupisce la tranquillità di tutti. Nessuno ha paura degli altri, tutti corrono per le loro occupazioni, e non ci sono soldati in giro, ne vedo solo due o tre. Non c’è un ebreo che abbia paura di venire spintonato o sgambettato, mi chiedo se sono gli stessi che ho visto nel giorno delle bandiere, quando grossi gruppi scalmanati gridavano “bruceremo tutti i villaggi arabi”, ed avevano un enorme numero di soldati a loro protezione.

Quello che vedo oggi mi fa pensare che possono convivere tranquillamente.
O forse questo clima rilassato è dovuto alle feste eallo spostamento dei soldati su troppi fronti?
Ci accompagna il giornalista della RAI, gli chiedo della calma a Gerusalemme, ma poi scopro che è fermo alla narrativa israeliana per il 7 ottobre. Rimane interdetto quando gli racconto dei giornalisti israeliani che raccontano degli elicotteri che bombardavano i kibbutz. Prima nega la presenza di elicotteri nella giornata del 7, poi quando gli chiedo chi ha bombardato la stazione di polizia a Sderot, annaspa, poi con una scusa si allontana. Abbiamo ripreso a parlare, ma non di questo.
Rientrando a Al quds troviamo ingorghi e traffico bloccato. C’è tutta un’altra aria, i soldati dell’occupazione non fanno più entrare i cristiani alla chiesa del sepolcro. Altro sopruso, probabilmente dovuto all’eccesso di folla, ma se era una festa loro avrebbero trovato il modo di fare funzionare tutto.