In mare

Il mio primo incarico con la Global Sumud Flotilla è consegnare una barca a Tunisi da Marsala dove è stata acquistata. Dopo gli ultimi acquisti quindi eccoci a bordo alle sei di mattina di mercoledì 27. È il momento delle istruzioni finali per la sicurezza a bordo. La capitana è molto precisa e tiene a tutto, prende il suo lavoro molto sul serio e non si fa scappare niente.

La barca si stacca dal molo e usciamo dal porto, a motore acceso, anche solo per consumare la nafta che trasudava dal tubo di entrata. Costeggiamo verso Favignana, ultime connessioni per chi ha un telefono in funzione, e poi alziamo le vele e affrontiamo lo scirocco in direzione sud ovest, verso Tunisi. Le previsioni dicono che il peggioramento sarà il giovedì, speriamo di arrivare prima che peggiori. Ma anche così viaggiamo abbastanza contro vento: il vento viene da sudest e noi andiamo a sudovest, con un angolo di  circa 50 gradi, credo che è il massimo a cui si può andare. Ma il vento è forte per cui non apriamo le vele per intero, ottenendo lo stesso un’andatura di sei nodi. Ma cominciano i problemi: per un po’ sono solo schizzi poi anche qualche onda scavalca il davanti della barca e noi ci bagniamo. Beh c’è il sole ci asciugheremo! Solo che va avanti così per ore.

Poi la nostra terza, una prof di matematica irlandese, nonostante le pillole prese, risale da sottocoperta e vomita. Allora con la capitana al timone devo scendere io a prendere una bottiglia di acqua e poi a ririempirla al rubinetto per pulire. Insomma ci vuole troppo tempo sottocoperta, comincio anche io a sentirmi male. Ma reggo un po’ di ore, ho mangiato solo qualche tarallo e una barretta energetica senza bere. Eppure il mare è fortissimo e le onde ci buttano su e giù. Quando l’Irlandese fa il bis, la seguo anche io. Ma lei che ha preso le pillole, vomita e si riprende, io no, faccio molta più fatica. La prima volta che scendo a dormire un po’, sono troppo bagnato per mettermi su un materasso, mi metto per terra, almeno spero di asciugarmi. È il momento peggio, penso a 50 barche così, il vento violento, tutti che vomitano, le onde che scavalcano le barche, come cavolo pensiamo di arrivare a Gaza?

Intanto, con il vento in crescendo, riavvolgiamo il fiocco che è la vela davanti. Un mare così agitato non mi è mai capitato.

Poi la notte, la capitana deve accendere il motore, sia per ricaricare le batterie che per aiutare la barca contro vento. Esco a un certo punto della notte, “no torna dentro”, a me pare una tempesta, invece il vento ha raggiunto 40 nodi, le onde ci sommergono completamente. Quando eravamo passati vicino a un’isola sembrava che si era calmato. La capitana è inarrestabile, ogni tanto cede il timone e si sdraia 10 minuti, prima di sera avrà dormito un paio d’ore. È finalmente riuscita a inserire il pilota automatico e verso le tre scende a farsi un thè senza chiamarci…. Poi un urlo, fuori tutti è successo qualcosa. Si è spento il motore, ma poteva essere uno scoglio. Albeggia, la bufera si è calmata, la terra è vicina. La capitana passa alla radio a chiedere aiuto, dobbiamo entrare in porto, ma prima bisogna mettersi di fronte al vento per abbassare la vela principale, tutte cose che senza motore sono impossibili. Compare una barca da pesca, sembra un mucchio di ruggine, invece con manovra perfetta ci superano lanciandoci una corda enorme, a gesti spiegano di legarla che ci tirano loro. E dai pescatori si sente “free Gaza!”. Sono intervenuti sulla nostra chiamata, senza aspettare la guardia Costiera o la marina tunisina che compare dopo un po’. Facciamo fatica a capire che i pescatori ci hanno preso a cuore, dopo averci fatto ancorare davanti a Sidi Bou Said, si offrono di tirarci in porto, ma non siamo ancora autorizzati, allora portiamo la capitana. Quando ci riportano la capitana l’ordine è cambiato, si va a Gammarth, altro porto più a nord.

E qui ci vengono a trovare i referenti flotilla di qui, i doganieri a controllare la barca, subito si offrono di mandarci un meccanico all’indomani anche se è venerdì. Così c’è la processione, prima si presenta una squadra turca con accompagnamento tunisino, a parte il ragazzo che ha un foglio con le cose da controllare su ogni barca e sembra serio, il meccanico non cerca di capire e si mette a smontare pezzi di motore con violenza. Bisogna allontanarlo. Ma poi, con una certa confusione, arrivano due squadre diverse, insomma il motore viene sistemato, ha surriscaldato per croste di calcare nel tubo di scarico dell’acqua marina, e un termostato ha spento il motore. Sarà meglio cambiare anche l’olio e il termostato, ma la barca è pronta per ripartire! 

Gaza ci aspetta e i pensieri da maldimare sono lontani.